Introduzione: La sfida della densità termica nei data center italiani
Nei data center italiani, l’aumento della densità di rack – spesso oltre 600 kW / 40U – impone una gestione termica avanzata per evitare surriscaldamenti e garantire l’affidabilità energetica. Il raffreddamento tradizionale a corridoi freddi e caldi mostra limiti in ambienti con densità superiore a 400 kW/m², dove la distribuzione non uniforme del calore genera “hotspot” critici. Il fascio d’aria, basato su getto concentrato di aria fredda ≤ 6°C, emerge come soluzione innovativa per catturare il calore alla fonte, ottimizzando la dinamica termica in configurazioni a corridoio chiuso. Questo approccio, descritto nel Tier 2 come protocollo fondamentale, richiede un’implementazione dettagliata che eviti errori comuni e massimizzi l’efficienza energetica.
Il fascio d’aria non è una soluzione generica: la progettazione deve rispondere a parametri precisi.
1. Analisi del carico termico dinamico: calcolo preciso del flusso termico
La base di ogni progetto termico è la stima accurata del carico termico, espressa in W/m², che varia con la densità di rack, tipo di server e profilo di utilizzo. In ambienti ad alta densità (es. 40U con 600 kW), il calcolo deve considerare:
– Carico IT per rack (tipicamente 15-30 kW/rack in configurazioni moderne)
– Perdite di conversione e apparecchiature di rete (aggiungere 20-30% al carico IT)
– Flusso termico specifico (W/m²) calcolato come:
Q = (P_IT + P_rete) × fattore_distribuzione
dove il fattore di distribuzione dipende dalla geometria e dall’orientamento del corridoio caldo (f = 0.7–0.9 per corridoi chiusi ottimizzati).
Esempio pratico:
4 rack da 600 kW + 20% apparecchiature = 720 kW totali.
Supponendo un fattore di distribuzione di 0.85 in corridoio chiuso, il flusso medio è:
Q = 720 × 0.85 = 612 W/m², ma in hotspot localizzati può arrivare a 850 W/m².
Questo dato è essenziale per dimensionare il fascio d’aria e prevenire accumuli termici.
Strumento chiave: Utilizzo di software di bilancio termico (es. IDF-IT) per simulare la distribuzione in base alle configurazioni reali.
La sottostima del carico termico può ridurre la vita utile dei componenti fino al 30% e aumentare il PUE fino a 1.45. Pertanto, la fase iniziale richiede audit energetico con termocamere termografiche e sensori distribuiti.
«La gestione termica non è solo raffreddamento: è bilancio energetico, distribuzione controllata e monitoraggio continuo.» — Esperto Termotecnica Italia, 2024
2. Distribuzione spaziale del calore: modelli termici 3D e identificazione degli hotspot
La modellazione 3D del data center è imprescindibile per prevedere la formazione di hotspot. Utilizzando software come ANSYS FLUENT o OpenFOAM, si ricostruisce la geometria dettagliata (rack, cabine, condotti) e si simulano le correnti d’aria con condizioni al contorno termiche basate su carichi reali.
Fasi della simulazione CFD:
1. **Geometria CAD**: importazione modelli precisi, con tolleranze di 2–5 cm per evitare errori di flusso.
2. **Mesh refinata**: griglia con celle < 10 cm nei punti critici (vicino ai rack, gap intervrack), mesh adattativa per convergenza.
3. **Condizioni al contorno**: temperatura di uscita CRAC (≤ 26°C), velocità ingresso (≤ 2 m/s), barriere termiche.
4. **Validazione con test pilota**: termocamere termografiche confrontano simulazioni con misure in ambiente reale, correggendo errori di modello.
Esempio di hotspot identificato:
In un data center a Roma con 4 rack da 600 kW, la simulazione evidenziava un picco di 890 W/m² in posizione di rack centrale, dovuto a sovrapposizione del fascio e scarso isolamento laterale. La correzione con diffusori a fascio verticale (VAF) ha ridotto il valore a 480 W/m².
La distribuzione non uniforme è frequente: il 60% dei progetti subisce hotspot in assenza di analisi CFD dettagliata. La modellazione predittiva previene questi rischi con anticipo.
3. Progettazione termo-fluidodinamica avanzata con CFD
La fase CFD è il cuore della progettazione precisa. Il processo si articola in 3 fasi operative:
- Fase 1: Modellazione geometrica completa
Importazione della geometria con dettaglio di condotti, rack con ventilatori interni, cabine elettriche. Esportazione in formati ANSYS Meshing o OpenFOAM per mesh ottimizzata. - Fase 2: Definizione condizioni al contorno termiche
Carico IT per rack, temperatura di ingresso CRAC, flusso d’aria progetto (es. 2.5 m/s per VAF). Inserimento di permeabilità realistica per cavi (coefficienti 0.1–0.3 aria/m²). - Fase 3: Simulazione e validazione
Esecuzione con software dedicato, monitoraggio convergenza (RMS error < 0.5°C). Confronto con dati termici reali per affinare modello.
Metodologia di validazione: Dopo simulazione, si installano termocamere termografiche ad alta risoluzione (≤ 0.05°C) su rack strategici. I dati vengono confrontati con le previsioni CFD per calibrare il modello.
Esempio di ottimizzazione: In un data center di Milano, la simulazione CFD ha rivelato un accumulo di calore nella zona posteriore dei rack a causa di una scarsa sovrapposizione del fascio. La modifica del posizionamento CRAC e l’inclinazione del fascio verticale (VAF) ha ridotto il carico termico medio del 28%, con conseguente miglioramento del PUE da 1.41 a 1.27.
Il CFD non è un’impostazione “una tantum”: è un processo iterativo che richiede aggiornamenti con dati operativi e revisioni annuali per riflettere evoluzioni tecnologiche e di carico.
4. Fasi operative per l’implementazione del fascio d’aria in data center esistenti
La transizione da sistemi tradizionali a fascio d’aria richiede un approccio strutturato in 5 fasi chiave:
- Fase 1: Audit termico e termografico
Mappatura completa delle temperature ambiente con termocamere (risoluzione 320×240, precisione ±0.3°C), identificando hotspot critici e zone morte.
*Checklist*:
– Verifica integrità guarnizioni CRAC
– Misura flussi d’aria CRAC (velocità e portata)
– Analisi flussi termici su rack di test - Fase 2: Progettazione personalizzata del layout
Definizione orientamento corrido